Un omaggio a Cioni

Luciano Gianfranceschi
FUCECCHIO
La carica dei 101… anni, in una bottiglia di vino Chianti classico DOCG (denominazione d’origine controllata e garantita), 13 gradi, annata 2009 e quindi appena in commercio, con etichetta un numero: 101, appunto.

Che storia è questa?

Sul retro del vetro è indicato che si tratta di un «omaggio a Novello Cioni, che ha raggiunto l’età di centouno anni».

Nella vigna in località Torre, bisogna aggiungere. Il vegliardo è vissuto dal 27 marzo 1908 al 18 febbraio 2010. Sosteneva che «il vino buono fa campare cent’anni, e il mio è buono davvero».

In realtà è arrivato all’età di quasi 102 anni, e alla sua ultima vendemmia, a 101 anni suonati, ha contribuito con le proprie mani a raccogliere l’uva nella vigna che aveva piantato nel 1966, quando aveva già 58 anni. Altre mani, più giovani, ovviamente, si sono aggiunte.

In quella vigna sono arrivati qualche anno fa due giovani fiorentini ventottenni – Giulio Wilson Rosetti, laureato in viticoltura ed enologia, e il socio Lapo Tardelli, laureato in agraria – cominciando a frequentare la campagna, e avviando un’azienda biologica chiamata significativamente “Dalle nostre mani“.

«Abbiamo preso in affitto una vigna, ma non per impiantarci filari nuovi bensì per rianimare quelli esistenti – raccontano – e dando retta agli anziani contadini che sollecitavano a salvare i vecchi vigneti, anche autoctoni, con l’uva Pugnitello, il cui grappolo sembra un piccolo pugno, Galletta, e Foglia tonda, altre al Sangiovese e il Trebbiano».

Rianimata la vigna a Torre, ne hanno prese altre a Cerreto Guidi e Galleno. «Siamo a circa 11 ettari, ci avvaliamo della competenza di coloro che tramandano un’esperienza che altrimenti andrebbe perduta», ammettono, questi laureati, nell’ascoltare la civiltà contadina.  E, nomen omen, il destino nel nome, Novello è un appellativo da vino. Aggiunge la figlia Marisa con il genero Ardelio Barontini: «Fino all’ultimo, è voluto andare nella vigna, e ai giovani insegnava come si fa a potare le viti, a cogliere l’uva. E voleva anche assaggiare il vino, per giudicare l’annata.

Un segreto personale era berne un bicchiere ai pasti per tenersi in forma. Raccontava di quando, giovane, si alzava alle 5, tutte le mattine, e se non andava nella vigna e andava nell’orto. L’orto ti vuole morto, aggiungeva per indicare la fatica. E c’erano nella stalla i vitelli e le mucche da governare, il latte venivano a prenderlo con la bottiglia non essendoci le latterie».  Ora le “sue” bottiglie andranno in enoteca, per buongustai e collezionisti.

Ref: Il Tirreno Empoli

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